Può sembrare banale, ma nel dibattito sul Rione Terra di Pozzuoli alla vigilia dell’annunciato bando di gestione di un primo lotto, destinato a funzioni commerciali ed alberghiere, forse è bene ribadirlo: uno degli obiettivi legati al futuro di quel pezzo di città è creare nuovi posti di lavoro. Ed è così da molto tempo. E’ dal 2002 che il consiglio comunale ha dato l’indirizzo di destinare gran parte dei palazzi ristrutturati a strutture ricettive. Una scelta basata sul tentativo (o sul buon auspicio) di riconvertire l’economia locale con un forte elemento turistico.
IL DEFICIT DI PARTECIPAZIONE – In questi quasi 20 anni c’è stato un deficit di informazione, condivisione e partecipazione. Sicuramente. Nel biennio 2015/2016, all’indomani dell’incoraggiante riapertura della Cattedrale, qualche occasione di confronto pubblica però c’è stata, e per parteciparvi non occorreva alcun invito. Dopo la consegna da parte dell’Agenzia del Demanio dello studio di fattibilità avvenuta nel giugno 2018, è sembrato che sul tema nessuno avesse nulla da dire, tant’è che la nostra associazione il 9 ottobre di quell’anno protocollò una serie di osservazioni al documento di studio a tutti i consiglieri comunali, per provare a dare un contributo, umile, a un dibattito specifico che non si è più sviluppato. Solo oggi alcuni scoprono (o sembrano scoprire) che la gran parte degli edifici del Rione Terra, diventati per intere generazioni un quadro statico, immobile e con le gru a fare da contorno, sono destinati (se tutto va bene) innanzitutto ai turisti. Ora, sia chiaro, nessuna scelta è sacra, tutto può essere messo in discussione – a parte un antistorico ritorno ad abitare sul Rione, che si tradurrebbe inevitabilmente nell’acquisizione di posizioni ultra privilegiate – ma ciò di cui si parla oggi, e cioè il bando di gestione per concretizzare, finalmente, questa opzione, è qualcosa che andava fatto già da tempo. Basti pensare che una delibera del 2016 fissava al 28 febbraio 2017 il termine per la presentazione della gara pubblica. Oggi c’è chi pone, come anche noi abbiamo fatto tante volte nel corso degli anni, il tema del recupero dell’identità e della caratterizzazione culturale del Rione Terra. Bene, è un punto che può essere centrato con la frequentazione pubblica e la valorizzazione di funzioni dei palazzi civici che sono esclusi dalla destinazione commerciale (Migliaresi, Di Fraia e gli edifici adiacenti piazzetta 2 marzo), con una programmazione di eventi nella piazza di ingresso, con una migliore gestione dell’ampliato percorso archeologico sotterraneo (circa 3 volte quello attuale), con una fruibilità del Tempio/Duomo (restaurato con soldi dello Stato) che sia aperto a funzioni non solo religiose.
L’IMPATTO OCCUPAZIONALE – Oltre questo, c’è un elemento che sembra essere scomparso dal dibattito odierno e sul quale invece occorrerebbe concentrarsi: il possibile impatto occupazionale derivante dalla messa a reddito dei lotti da trasformare in strutture alberghiere e ristorative. Il primo bando riguarderà il lotto A, mentre la prospettiva di utilizzo degli altri 2, i lotti B e C, è rinviata a non prima del 2025. Lo scontro tra amministrazione comunale e opposizione consiliare sembra riguardare al momento la scelta del modello di gestione, con l’amministrazione Figliolia orientata, da tempo, a un bando di “concessione in valorizzazione”, mentre altri propongono lo strumento della “fondazione in partecipazione”. Ben venga ogni dibattito. Anche quelli che rientrano nella sfera della dialettica politica. Anche se in ritardo. Ma senza giri di parole ipocrite, noi riteniamo che se deve esserci una “commercializzazione” del patrimonio immobiliare del Rione Terra, la prima cosa da chiedersi è: quanti posti di lavoro ne usciranno? E di che tipo? Perché questo, per anni, è stato il terreno principale per misurare gli effetti di una possibile ricaduta economico-sociale sul territorio e di una accettabile redistribuzione del reddito. Posti di lavoro direttamente alle dipendenze del soggetto imprenditoriale che dovrà aprire al pubblico le prime 84 camere, 185 posti letto, 15 botteghe, 2 bar e 1 ristorante; ma anche posti di lavoro derivanti dell’indotto, che può abbracciare i settori della promozione turistica, dei servizi, degli operatori culturali, della manutenzione ordinaria, delle attività già esistenti nel Centro Storico beneficiarie della presenza di visitatori propensi a spendere. Dovremmo chiederci: quanti ne sono questi posti di lavoro? Venti, trenta, cento? Di quali professionalità e qualifiche ci sarà bisogno? Ed è possibile inserire nel bando di gara parametri di valutazione che tengano conto di questi elementi, con opportune garanzie? Il soggetto imprenditoriale gestore del lotto A dovrà presentare un piano occupazionale?
LA SOLIDITA’ ECONOMICA DEL SOGGETTO GESTORE, UN REQUISITO NECESSARIO – Venire incontro alle aspirazioni e ai bisogni dei giovani che emigrano e che perdono la speranza di restare qui, è qualcosa che non si esaurisce nella possibilità per qualcuno di “fare impresa” con la gestione di un singolo bar, negozietto o ristorante (possibilità, peraltro, non esclusa dal bando di concessione nella modalità di subappalto). C’è un punto di vista che sembra mancare tra le forze politiche e consiliari: quello degli ultimi, dei giovani disoccupati per i quali non è rilevante sapere se il proprio datore di lavoro sarà locale, puteolano, di origini italiche o di altri Paesi. Quanto, piuttosto, se questo datore di lavoro può generare un’occupazione stabile, con contratti di lavoro regolari, con il versamento di contributi all’Inps, nel rispetto dei diritti e con gli stipendi adeguati, previsti dai CCNL e dalla legge. E contribuire anche, con la propria solidità economica e competenza di settore, a favorire un indotto più ampio grazie alla produzione di un brand di insieme.
Tutte cose che, purtroppo, nel panorama dell’imprenditoria locale sono spesso quotidianamente negate e che possono (e devono) essere pretese con maggiore incisività nei confronti di un soggetto imprenditoriale più solido, protagonista di un investimento a lunga scadenza. Auspichiamo che i prossimi passi amministrativi tengano conto anche di questi aspetti e criticità.