Sal De Riso, il noto pasticciere amalfitano ci racconta le sue Colombe

sal de riso pasticciereFOTO DI MARINA SGAMATO

Ѐ tempo di colombe e uova di cioccolato. In giro, ce ne sono di ogni forma e dimensione. Puntiamo sempre l’occhio sulla qualità, perché questa fa la differenza. “Poco ma buono” è diventato il nostro punto di partenza. Vedremo insieme nei prossimi giorni cosa rende le uova di cioccolato di qualità. Adesso vogliamo scoprire cosa fa le colombe gustose al palato. Ѐ per questo che, sabato 5 marzo 2014, ci dirigiamo alla volta di Grangusto, a Napoli, il più grande e fornito concept store gastronomico di via Marina. Ci siamo diretti lì, con uno scopo ben preciso: degustare colombe, o meglio degustare quelle preparate ad arte da Sal De Riso.

Chi non conosce Sal De Riso, il noto pasticciere amalfitano, divenuto famoso in tutto il mondo per la sua torta ricotta e pera? Mentre i visitatori gli fanno domande, noi iniziamo la nostra degustazione tra: amarene candite; crema pasticcera alla vaniglia Bourbon o al rosmarino, al profumo di zagara o con Strega Alberti; bucce d’arancia; glassa di mandorle o frutti di bosco; gocce di cioccolato o di fragole candite; farcitura con pesche gialle; crema al limoncello e bucce di “limone costa d’Amalfi” IGP.

Regina della degustazione è la sua ultima creazione, la colomba Fiordaliso, preparata con burro di bufala, arance, limoni, mandarini della costiera e glassa di nocciole. Una vera e propria delizia che parte come sempre dalla lievitazione, ben 80 ore, e si arricchisce della qualità della materia prima utilizzata. Farine di primissima qualità, canditi che vengono creati dal suo stesso laboratorio sono solo alcuni degli ingredienti che fanno la differenza. Ѐ lo stesso Maestro a spiegarci i suoi impasti. “Ho sempre lavorato con 38 ore di lievitazione”, racconta, “Per far questo, ci mettiamo al lavoro alle 8 del mattino. Ogni 4 ore, rinforziamo il lievito con acqua e farina, fino alle 19 dello stesso giorno. A quell’ora viene fatto il primo impasto. Questo dovrà lievitare 12/13 ore. La mattina seguente, facciamo il secondo impasto. Poi, la pasta verrà tagliata, irlata con le mani, quindi arrotolata, messa nei pirottini. Da questo momento in poi, solitamente dovranno passare dalle 7/8 ore. Arrivate al bordo, si mettono in forno e si procede alla cottura. Abbiamo sempre fatto così. Ma questo anno, in seguito a prove tecniche, invece di metterle a lievitare a 30°, l’ultima lievitazione l’abbiamo fatta fare a 18°. Sono lievitate lentamente. Le colombe iniziate domenica, le inforneremo lunedì sera”. I tempi si allungano, ma il risultato è gustosissimo. L’impasto è leggero, morbido e se ne è migliorata la conservazione.

I prodotti del suo laboratorio hanno una declinazione territoriale. Rappresentano le peculiarità dei paesi della costiera ma non solo “portano avanti la filosofia campana, con i suoi ingredienti, con la creatività della sua gente”, ci spiega, “Partendo dal limone d’Amalfi IGT, che mi scorre nelle vene, provenendo dalla Penisola, passo per la crema di nocciole all’olio extra- vergine d’oliva DOP salernitano, arrivando fino al burro di bufala”.

Con la sua colomba “classica” mandorlata, sorseggiamo un passito. Naturalmente un passito flegreo, poiché questa è la nostra declinazione territoriale!

ARTICOLO DI GEMMA RUSSO E MARINA SGAMATO

Scritto da Gemma Russo


Gemma Russo nasce a Pozzuoli, città in cui vive. Giornalista pubblicista, da sempre collabora con L'Iniziativa-Voce flegrea, ma anche per Il Roma, Luciano Pignataro Wine Blog e Slow Wine. È responsabile della comunicazione per la Pro Loco Pozzuoli e per Slow Food Campi Flegrei. Nel 2013, partecipa alla raccolta Moderne Cantastorie con un saggio breve. Nel 2015, è coordinatrice per la Campania e la Basilicata alla guida cartacea Fare la Spesa con Slow Food. Dal 2016, recensisce per Osterie d'Italia. Nel 2017, scrive e pubblica Storie dal Rione Terra, raccolta frutto di un anno di impegno al Percorso Archeologico del Rione Terra di Pozzuoli. L’incontro con chi ha vissuto direttamente o indirettamente la rocca tufacea ha dato vita ad una pubblicazione con storie che dipingono la natura bradisismica della terra, l’importanza archeologica e storica, la quotidianità che non c’è più, fatta di usi e i costumi, anche gastronomici.