Gay Odin: un viaggio nella “fabbrica del cioccolato”

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FOTO DI MARINA SGAMATO

Uova e cioccolatini di ogni forma e dimensione. Disorientamento per l’inebriante odore. Difficoltà di scelta. Voglia di assaggiare tutto. Questa è la sensazione avuta entrando nella fabbrica a via Vetriera, dove la nota cioccolateria napoletana Gay Odin, prepara i deliziosi cioccolatini, distribuiti, poi, nei negozi della catena. Iniziamo la nostra visita, accompagnati da Sveva Maglietta, in un laboratorio in piena attività, per gli ordini pasquali. Sbirciamo un po’, tra chicchi di cacao, macchine con macine rotanti, intente a preparare creme, e nastri, lungo cui prendono vita i deliziosi cioccolatini. Il segreto della bontà è nella qualità delle materie prime utilizzate, ma non solo.

La fase determinante è costituita dalla tostatura dei chicchi di cacao, che avviene nel laboratorio di via Vetriera, ancora in forno a legna. Questi sono tostati lentamente, a bassa temperatura, in modo che “le proprietà benefiche del chicco”, spiega Sveva, “non si perdano con la lavorazione”. Le grandi industrie, che forniscono il cioccolato a tutte quelle che lo lavorano soltanto, utilizzano tostature al Laser. Si accorciano i tempi, ma non se ne conservano le proprietà. Il risultato sarà un cioccolato con lo stesso valore calorico, ma impoverito di elementi benefici, quali la serotonina. Saper interrompere il processo di tostatura nel momento giusto, diviene il vero e proprio segreto. Questo è frutto d’attenzione, ma soprattutto del Know-how accumulato nel tempo, e trasmesso da Isidoro Odin con generosità, senza badare alla parentela.

Raffreddate con un ventilatore, le fave di cacao sono indirizzate alla molinatura, dove vengono ridotte prima in granella, poi in pasta di cacao. Da essa, mediante l’aggiunta di altri ingredienti, si ottiene cioccolato: “fondente”; “al latte”; “bianco”. Passa, poi, per il concaggio, per il temperaggio ed infine arriva al modellaggio. In questa fase, viene versato in stampi, sottoposti ad una leggera vibrazione, per eliminare le bolle di aria imprigionate all’interno. Una volta raffreddato, passando per ambienti climatizzati, lungo un unico nastro trasportatore, il cioccolato assume la forma degli stampi. A questo punto, arriva all’imballaggio. Tutto è fatto inesorabilmente a mano. Abbiamo assistito a tutte le fasi, in itinere. L’intero ciclo di vita di un cioccolatino, da materia prima a prodotto finito, fino all’assaggio.

In esso, sono coinvolti, emozionalmente, i cinque sensi. Con la vista, se ne individua il colore. Si inizia a pregustare il sapore, immaginandone il ripieno. La lucentezza è indicatore della percentuale di burro di cacao utilizzato nella preparazione. Il cioccolato, quando è tanto lucido, contiene una alta percentuale di burro ci cacao. Si tratta di un grasso vegetale, insapore, che se usato in eccesso, toglie qualche cosa al piacevole sapore che il cacao ha. Al tatto, deve essere setoso, compatto quando si spezza. All’olfatto, il profumo deve anticipare l’intensità degli aromi che il palato andrà ad assaporare. All’udito, quando viene spezzato, il suono è un elemento fondamentale. Deve essere netto. Alla fine, si giunge al gusto. Si avverte prima il dolce dello zucchero e poi gli altri elementi che lo caratterizzano. Si valuta l’intensità, la finezza e l’equilibrio.

Nello scegliere la bevanda con cui accompagnare il cioccolato, bisogna fare attenzione. Classico è l’abbinamento al vino, preferendolo dal sapore forte e deciso, in modo da tener testa all’intensità del cioccolato, senza lasciarsi coprire troppo. Scegliere dunque vini dalla lunga persistenza aromatica.

Nel laboratorio di via Vetriera, passeggiamo tra una vastità di uova. Al latte, fondente, bianco, con noci, nocciole e quanto altro. Tutte sono decorate a mano, dai maestri pasticcieri che fedelmente riproducono foto e disegni, soddisfacendo le richieste dei clienti. Tra di essi, c’è anche l’uovo di 2 metri che l’antica cioccolateria napoletana ha dedicato al film “La grande bellezza” . Questo perché “Sorrentino, dopo aver vinto l’Oscar, alla domanda : Cosa è che di Napoli non puoi fare a meno? “, racconta Sveva, “Ha risposto: Una scatola di cioccolatini di Gay Odin”.

Andiamo via con un buon profumo nelle narici e con uno scatolo di cioccolatini, pronti ad essere assaporati!

Scritto da Gemma Russo


Gemma Russo nasce a Pozzuoli, città in cui vive. Giornalista pubblicista, da sempre collabora con L'Iniziativa-Voce flegrea, ma anche per Il Roma, Luciano Pignataro Wine Blog e Slow Wine. È responsabile della comunicazione per la Pro Loco Pozzuoli e per Slow Food Campi Flegrei. Nel 2013, partecipa alla raccolta Moderne Cantastorie con un saggio breve. Nel 2015, è coordinatrice per la Campania e la Basilicata alla guida cartacea Fare la Spesa con Slow Food. Dal 2016, recensisce per Osterie d'Italia. Nel 2017, scrive e pubblica Storie dal Rione Terra, raccolta frutto di un anno di impegno al Percorso Archeologico del Rione Terra di Pozzuoli. L’incontro con chi ha vissuto direttamente o indirettamente la rocca tufacea ha dato vita ad una pubblicazione con storie che dipingono la natura bradisismica della terra, l’importanza archeologica e storica, la quotidianità che non c’è più, fatta di usi e i costumi, anche gastronomici.