RUBRICA/ Il racconto del Cammino delle terre mutate, da Matelica a Camerino

Matelica-Camerino. Lunghezza: 23,2 km – Dislivello: salita 842 m, discesa 588 m.

La mattina mi svegliai che pioveva, per fortuna smise dopo una mezz’oretta, ma scoprii di aver dimenticato lo zaino all’esterno della tenda. In più la seconda notte all’aperto, senza neanche uno stuoino, si faceva sentire, come anche il vino bevuto la sera con alcuni ragazzi del parco. E non trovavo un calzino. Cominciai a dubitare di ciò che stavo facendo e lungo la strada prenoto un B&B a Camerino, la meta successiva. Dopo qualche ora, all’ombra di un albero di fico che mi offrì la merenda, cambiai completamente idea. Ero a Seppio, frazione di 300 anime nel Comune di Pioraco. Mancavano 6 km a Camerino. Sento della musica e voci di festa provenienti da un terreno alla sinistra della mia strada, e pensai di chiedere un caffè. Mi avvio ed incontro la prima anima bella del mio viaggio: il signor Luciano. Un uomo di 80 anni, lento ma fiero, che mi chiede se ho fame e da dove vengo. Insiste per offrirmi un po’ di pane e prosciutto. Mi porta nelle cucine, spiegandomi che era una specie di festa di fine stagione. Tutti sono felici, c’era anche gente da Pistoia. Una signora mi si avvicina con un piatto pieno di carne arrostita, scusandosi (?!) perché purtroppo si era raffreddata. Mi portano vino, dolce e frutta. Riesco anche ad avere il mio agognato caffè, prima di essere salutato con un amaro alla sambuca tipico del luogo. Visto che cominciava a piovere, il signor Luciano insiste per accompagnarmi in auto alla periferia di Camerino, dove sorgono le Sae (soluzione abitatative di emergenza) perché “stai facendo questo Cammino anche per vedere queste cose, giusto?”. Lo ringrazio infinitamente, per la gentilezza e l’ospitalità. Per non avermi fatto sentire solo. Lui mi risponde “non guardo il colore della pelle, la porta di casa mia è sempre aperta… almeno fin quando avevo una casa”. Il Signor Luciano era un professore di Storia e Letteratura, poi Preside a Matelica, aveva una bella villa con un ettaro e mezzo di bosco, distrutta dal terremoto. Adesso vive da un anno in un appartamento in affitto. Ma il cuore il sisma non glielo ha abbattuto.

Il signor Luciano mi accompagna ai piedi del colle su cui sorge Camerino, e dopo un po’ incontro le prime Sae, quelle casette che saranno una delle costanti del mio viaggio. Basse, in fila, ampie poche decine di metri quadrati, disposte in piccoli quartieri. Case d’emergenza, ma il mio primo pensiero è stato che a Pozzuoli alcune persone vivono ancora, dopo quarant’anni, in quelle che all’epoca erano l’analogo delle Sae. La storia non deve ripetersi. Il B&B “Dai Nonni” distava ancora qualche chilometro, lo raggiungo e mi accoglie Maria, che mi chiama per la prima volta “camminatore”. Non ci avevo pensato fino a quel momento. Finalmente avevo un letto ed una doccia, non potevo crederci. Non voglio tirarmi per le lunghe, ma io a Camerino mi sono sentito a casa, ed ho capito cosa stavo facendo. Mi sono trattenuto un giorno in più, visto il temporale in arrivo. Ho conosciuto Emanuele, il compagno di Maria (“i nonni” erano i genitori di Emanuele). C’erano anche altri due ospiti, Sara ed Alfonso. Abbiamo mangiato tutti insieme, Maria cucina benissimo e neanche l’occhio ne esce scontento. Ho scoperto che a Camerino c’è un università, nonostante sia una piccola città. Ho passeggiato lungo i suoi vicoli dannatamente silenziosi, tra le case abbandonate, tra palazzi signorili adibiti a strutture universitarie, fino alla Casa dello Studente, chiusa, ai confini con la Zona Rossa. Sempre accompagnato dal profumo di fichi. C’erano anche un Orto Botanico ed un Museo di Scienze Naturali. Quelle case vuote, quelle porte incatenate, quelle finestre sbarrate una volta ospitavano persone. Emanuele e Maria mi raccontano che l’Università ha salvato quel paese, che gli studenti non sono scappati, anche se non si respira più l’aria di città universitaria in un paesino rinascimentale. Camerino conta 7000 abitanti, ed un pari numero di studenti: era una posto fantastico. Mi raccontano che adesso tanti studenti fuori sede non alloggiano più in paese, ma salgono solo per fare gli esami. Sara e Alfonso erano lì appunto per sostenere l’esame di Diritto Civile. Quel B&B ospita studenti tutti i giorni, gli dà spazio per rincorrere i propri sogni, e sono sicuro che tra quelle mura è nato anche qualche amore. Il giorno del temporale, ho anche visitato il monastero di padri Cappuccini dove è nato quest’ordine di frati, e che ha anche sostenuto i Partigiani durante la Guerra. Sono rimasto piacevolmente stupito di quanto fosse più facile quella strada senza 12 kg di zaino e 20 km sulle spalle. Passo la giornata a prenotare alloggi nelle tappe successive, non voglio più essere colto alla sprovvista ed abbandono l’idea di viaggio economico. Camerino è stata come Gran Burrone per gli Hobbit: un luogo che ti accoglie e ti prepara al viaggio, dopo una partenza scapestrata e senza cognizione, con persone belle che ti danno consigli e ti mettono a disposizione anche il proprio letto. Maria, la mattina della partenza, si è anche raccomandata di fermarmi a Polverina, perché lì avrei trovato l’ultimo negozio dove comprare acqua. E mi ha lasciato anche un uovo sodo per il viaggio, come il Pan di Via degli Elfi. Il giorno dopo, lasciai Camerino poggiata su un letto di nuvole.

Scritto da Stefano Erbaggio


Nato nell' 88 e cittadino puteolano. Studente di Scienze Naturali, dal 2010 collabora con L'Iniziativa, occupandosi di ambiente e sviluppo sostenibile. Giornalista Pubblicista, ha collaborato con "La Nuova Ecologia", "Terra", "Cronaca Flegrea" ed "Il Roma". Volontario di Legambiente, integra l'amore per la natura con la difesa e la conoscenza del territorio. Dal 2012 è Guida naturalistica AIGAE, attivo specialmente nei Campi Flegrei e collaborando con numerose scuole del territorio.