RUBRICA DI CINEMA / Tutti i santi giorni di Paolo Virzì

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Guido, un giovane portiere con una spiccata passione per la storia, l’agiografia e l’arte paleocristiana, incontra Antonia, un’aspirante cantante che, nel frattempo, si guadagna da vivere in un autonoleggio. Conosciutisi ad un concerto di quest’ultima, i due si innamorano sempre di più fino al punto di decidere di avere un figlio. Ed è qui che inizia la storia di questa commedia firmata Virzì, una “lenta” corsa contro il tempo tra personaggi grotteschi – le cui storie s’intrecciano con quelle dei protagonisti – ginecologi, provette, test di ovulazione e tecniche di fecondazione assistita.

Sofisticato e mai noioso, Paolo Virzì continua sulla strada della commedia. Uscito recentemente al cinema con “Il capitale Umano”, la sua penultima pellicola è un mini-capolavoro melò su una delle realtà più diffuse, specialmente tra i giovani, del nostro Paese: le difficoltà, rare ma reali, che susseguono alla decisione di avere un figlio.

Tratto dal romanzo del regista e sceneggiatore Simone Lenzi “La Generazione”, il film “Tutti i santi giorni” è strutturato in maniera lineare, fluida. Una successione di eventi scanditi dai protagonisti di questa storia ma, anche e soprattutto, dai personaggi secondari con cui i primi si vengono a confrontare. Tra questi, le due scuole di pensiero riguardo la fecondazione assistita, impersonificate dai due ginecologi: il primo, un luminare cattolico e all’antica, dotato di forte personalità; la seconda, più dolce e speranzosa, ma soprattutto più progressista anche nei consigli. Questa pellicola rappresenta un vero e proprio contrasto con i precedenti lungometraggi del regista livornese. Sebbene, infatti, ad essere protagonista è sempre il ceto medio, magari di una periferia, il racconto diventa più intimo, più sofisticato, e soprattutto più introspettivo. Nonostante la vicenda si sviscera sulle tangenziali di Roma, alle fermate dei bus e nella hall dell’albergo in cui Guido lavora, la storia si affanna all’interno dei protagonisti stessi, che non hanno paura di esternare i loro sentimenti al pubblico, quali rabbia, amore e soprattutto dolore.

Prodotto da Rai Cinema, il film di Virzì gode di un’ottima fotografia a cura di Vladan Radovic. Anche le musiche giocano il proprio ruolo essenziale. Ed è qui che scatta l’aneddoto. A comporre l’intera colonna sonora, se così possiamo definirla, è proprio la protagonista di questa storia, Antonia, in arte Thony che, contemporaneamente al cinema, manda avanti la sua passione per la musica anche nella vita reale. Restando in tema di protagonisti, accettabili le interpretazioni di Luca Marinelli (che abbiamo visto nel pluripremiato “La solitudine dei numeri primi”) nella parte di Guido e Federica Victoria Caiozzo nella parte del suo alter ego, Antonia (come detto, Thony).

Più interiore, psicologico e coscienzioso, soprattutto nello sviluppo dei sentimenti dei personaggi, il film di Virzì è una commedia sofisticata e seducente che intriga e non smette mai di stupire. Consigliato.

Scritto da Antonio Di Fiore


Classe '93. Sono nato e vivo tuttora a Napoli. Attualmente frequento il corso di laurea in Scienze della Comunicazione, curriculum Cinema e Televisione. Aspirante regista e sceneggiatore, credo fermamente nel potere della settima arte.