LIBRI / “Il vecchio che parlava alle piante”, l’ultimo lavoro di Mauro Giancaspro

13234469_10208177814037074_652268091_oNella sala Ferdinando dell’hotel Parker’s, con una platea gremita e attenta, Mauro Giancaspro ha presentato il suo ultimo lavoro “Il vecchio che parlava alle piante”, edito da Alessandro Polidoro. “Una fiaba, ma non troppo, un racconto moderno con due ipotesi di finale a scelta del lettore“. Così l’autore ama definire il suo lavoro, che lascia aperti ampi margini di riflessione. Mauro Giancaspro ha incontrato stampa, lettori e amici per raccontare il suo libro, e per un dibattito più ampio sul rischio “museificazione” del patrimonio culturale italiano. All’evento hanno partecipato anche i rappresentanti dell’Associazione ex alunni Istituto Pontano, lo storico dell’Arte Tomaso Montanari, gli scrittori Maurizio De Giovanni e Dino Falconio. Per l’occasione, agli invitati è stata donata una pregevole stampa botanica offerta da Aboca, nota azienda che produce prodotti a base di erbe e un’altra è stata messa in palio con un gioco a estrazione tra i presenti. Mauro Giancaspro, bibliofilo e convinto sostenitore della funzione sociale ed educativa delle biblioteche, é attualmente il Presidente dell’Associazione “Amici della Biblioteca Statale oratoriana dei Girolamini”, fondata per il restauro, il riordino e la catalogazione dei suoi testi.Un amore verso i libri e più in generale verso il patrimonio culturale, che si manifesta e rivive in ogni pagina della sua ultima fatica letteraria in modi pacati e raffinati.

Centocinquantotto pagine incorniciate da una copertina ad hoc, un acquerello di Antonio Nocella creata per l’evento. Centocinquantotto pagine che possiamo definire “un atto d’amore” verso la vita, verso la natura, verso la senescenza, verso un mondo che va scomparendo, ma che Mauro Giancaspro dall’alto della sua cultura e della sua sensibilità cerca di scongiurare, lanciando un anatema a chi dovrebbe preservare invece di distruggere.

L’opera è ambientata nella vecchia abazia di Massombrosa, nome di fantasia, dove si trova padre Gregorio, custode di uno stravagante segreto, e i suoi confratelli che vivono in un tempo immaginario e sospeso tra i ritmi di vita lenti e le piccole cose quotidiane. Ma la tranquilla vita dei monaci sta per essere stravolta dall’arrivo di un funzionario del Ministero, con al seguito un architetto: presenteranno un progetto per la trasformazione dell’abazia in un complesso turistico.

Lo scrittore riesce a rendere il suo racconto fluido, accattivante e a tratti misterioso, stimolando l’immaginazione nel lettore e la curiosità.

L’autore in pratica si è divertito,a prendere in giro i difetti degli uomini ed abbandonarsi a quei ricordi un po’ polverosi ma romantici di un tempo che fu. Mauro Giancaspro ha voluto sorridere dei difetti umani, “umanizzando” le piante considerate “superiori” proprio perché hanno le radici, quelle che sempre più oggi si pretende di distruggere, di non riconoscere e in tal modo allontanandoci dalle nostre origini.

Ma è il suo amore per le piante, soprattutto quelle “officinalis” che hanno data vita alla medicina di un tempo, ad essere descritte con dovizie di particolari, di profumi e di relative ricette.
Così come la sua voglia di restaurare, di far rinasce le cose di un tempo, è indice di un attaccamento alla vita.

Maurizio De Giovanni nel lodare l’opera ha sottolineato un altro aspetto e si è focalizzato sulla tenerezza di cui è intriso il testo: “l’amore è un sentimento contro cui puoi lottare o che puoi accogliere, invece la tenerezza è più sottile, passa attraverso le fenditoie dell’anima e attraverso le pagine di questo libro, che parla di sentimenti prima di tutto”.

Ed è attraverso la grazia del racconto che si sviluppa una riflessione e una metafora superiore. Le piante devono vivere, sembra suggerirci l’autore, così come i monumenti, rappresentati dall’Abbazia di Mossombrosa, icona di tutto il patrimonio culturale del nostro paese, che come lo scrittore ribadisce “ rappresenta il petrolio” della nostra economia.

Eppure il patrimonio culturale va consumato. E’ questo il messaggio che emerge chiaro e senza mezzi termini dai relatori. E’ necessario riscoprire le nostre radici, rinnovare la conoscenza e rende possibile la fruizione. E’ chiaro il riferimento anche alla Biblioteca dei Girolamini di Napoli, un patrimonio, al momento non accessibile, di inestimabile valore culturale, che però va messo in circolazione. Il rischio è la museificazione sterile del nostro patrimonio artistico che equivale a farlo morire, se non diventa luogo di produzione della conoscenza.

Il motore, sembra suggerire il dibattito, sono le idee e dare la possibilità ai giovani di sviluppare progetti imprenditoriali capaci di far rivivere la storia e le nostre radici in una dimensione di rinnovamento e accessibilità.

Scritto da Valentina Soria


Mi chiamo Valentina Soria, sono giornalista pubblicista, laureata alla magistrale in Comunicazione Pubblica e d’Impresa. Mi interesso di comunicazione a 360°, dal giornalismo al copy writing alla cura di uffici stampa. Amo la mia terra flegrea e credo nell’importanza di dare “voce” alle piccole e grandi criticità del territorio con coraggio ed onestà.