Editoriale/ Museo archeologico dei Campi Flegrei, non ci siamo

Nulla al mondo splende più dell’ameno golfo di Baia – scriveva Orazio. Peccato che non si possa dire lo stesso del Castello Aragonese di Baia che da secoli veglia sulla costa. La struttura, risalente al 1490 circa, ospita il Museo archeologico dei Campi Flegrei, dove la gran parte dei reperti più importanti del territorio sono conservati ed esposti. Un luogo, dunque, che con le sue oltre 50 sale dovrebbe rappresentare un fiore all’occhiello, ma che versa in una situazione a dir poco indecorosa.

Fruizione museale – Un museo degno di questo nome dovrebbe poter essere fruibile al pubblico, offrendogli una visita che sia più agevole e semplice possibile. Perché un visitatore che avrà fatto una bella esperienza, sarà un promotore gratuito di questa, un Ambassador veicolo di nuovi potenziali visitatori.

Sotto questo aspetto risulta quindi piuttosto grave, tanto per cominciare, che un museo di tale importanza chiuda alle ore 14. Perché? Perché non ha un impianto di illuminazione adeguato. E così si lascia fuori una grande fetta di utenza che potrebbe vivere il museo anche nel pomeriggio. Soprattutto se si tratta di turisti extra territoriali che desiderano passare un tempo più dilatato nel territorio flegreo. La questione esiste da tempo. Nell’ottobre 2018, l’allora direttore Giulierini, in occasione dell’inaugurazione della mostra che esponeva al pubblica la “statua di Zeus”, annunciò la risoluzione del problema per maggio 2019. Poi c’è stato il cambio di direttore, la pandemia, le chiusure, le riaperture (parziali), ma l’orario di chiusura del museo non è stato prolungato.

Un pessimo bigliettino da visita.

Ma passiamo alle sale interne. Tra lavori in corso e sale chiuse da anni, il percorso è attualmente ridotto alle sezioni di Cuma e quella dell’antica colonia di Puteoli. Fortunatamente la sezione dedicata al Rione Terra e quella in cui è custodita la statua raffigurante Zeus, sono interessate da interventi momentanei che ci auguriamo non richiedano un tempo troppo prolungato.

Ma le sale contenenti la ricostruzione del sacello degli Augustali e le statue di importanti imperatori romani? La sala col Ninfeo Imperiale di Punta Epitaffio che raccoglie le sculture marmoree di epoca claudia? Quand’è che riapriranno di preciso? E come mai chi si occupa di fare i biglietti non avverte il pubblico di quali sale siano fruibili e in che modalità? Passino le difficoltà logistiche e strutturali, ma è doveroso essere sempre trasparenti col pubblico.

Allestimento. Ad una buona fruizione museale si lega, poi, un buon allestimento in grado di coinvolgere il pubblico e farlo sentire accolto, emozionarlo. Ma anche qui abbiamo delle criticità di non poco conto. Didascalie obsolete, datate, in qualche caso superate ed eccessivamente piccole, talvolta illeggibili. Pannelli esplicativi in alcuni casi visibili solo per metà, perché coperti dalle vetrine che ospitano gli oggetti. Insomma, un allestimento in generale molto poco curato che non semplifica affatto la visita, ma anzi la rende piuttosto confusionaria.

A peggiorare il tutto, le modifiche del percorso fatte per via della pandemia, che nessuno si è preso la briga di segnalare con dei semplici cartelli che indichino come accedere alle sale. Segnaletica che, ricordiamo, rientra sempre nel discorso di “adeguato allestimento museale”. Tutto, però, è lasciato all’interpretazione e alla perspicacia dei visitatori che senza una guida, devono indovinare come si circoli all’interno del museo.

Accoglienza. Altra nota dolente è il personale che dovrebbe monitorare le sale e offrire supporto alla visita (soprattutto in mancanza di segnaletica adeguata). Al momento è l’Associazione dei Carabinieri ad accogliere il pubblico per sopperire alla carenza di personale. Persone che, pur con tutta la buona volontà, non sono assolutamente formate a svolgere il ruolo, appunto, di assistente museale. Altro aspetto che certamente non facilita la visita e che contribuisce a generare la suddetta confusione.

Raggiungibilità. Attualmente il museo più importante dei Campi Flegrei risulta essere impossibile da raggiungere senza auto. Non che il problema trasporti dipenda dal Parco archeologico dei Campi Flegrei, sia chiaro. Ma è possibile che non si possa in alcun modo sopperire a questa annosa mancanza con una navetta che parta dal porto di Baia? Se il problema trasporti non dovesse essere mai risolto, allora non sarà mai possibile avere una soluzione alternativa? Come pensiamo di lanciare lo sviluppo del nostro territorio con queste premesse a dir poco disastrose?

Forse non è ben chiaro a tutti che non solo perdiamo una grande occasione di crescita economica ma togliamo anche al pubblico, di qualunque fascia di età, reddito, estrazione culturale, il sacrosanto diritto di godere del nostro meraviglioso patrimonio culturale. Insomma, tutto da rifare.

Redazione L’Iniziativa – Voce Flegrea

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