EDITORIALE/ Bagnoli e la bonifica fantasma, giustizia a metà

Oggi, 5 febbraio 2018, i giudici della sesta sezione penale del Tribunale di Napoli hanno condannato sei degli imputati accusati della mancata bonifica dell’ex Italsider e del disastro ambientale consumato durante la riqualificazione (mai avvenuta) su quei terreni. Lo dice la sentenza, sebbene di primo grado: quella bonifica non c’èmai stata. Nonostante 76 milioni di euro stanziati dal Governo e oltre 20 anni di tentativi a vuoto, seguiti alla dismissione industriale.

Le pene inflitte, tutavia, appaiono troppo morbide. Complessivamente 16 anni di carcere: quattro anni per Gianfranco Caligiuri, direttore tecnico di Bagnolifutura; due anni per l’ex direttore generale di Bagnolifutura Mario Hubler, subentrato nel 2007; tre anni per Sabatino Santangelo, ex presidente di Bagnolifutura e vicesindaco di Napoli; due anni e sei mesi per l’ex direttore generale del ministero dell’Ambiente Gianfranco Mascazzini; due anni per Giuseppe Pulli, coordinatore del dipartimento ambiente del Comune di Napoli; tre anni per Alfonso De Nardo, dirigente Arpac. Assolti, invece, molti altri degli imputati: Maria Teresa Celano, dirigente area ambiente della Provincia di Napoli; Maria Palumbo, direttore generale del centro campano tecnologia e ambiente; Rocco Papa, vicesindaco ed ex presidente Bagnolifutura; Carlo Borgomeo, ex direttore Bagnolifutura; e i tecnici e responsabili di laboratorio Daniela Cavaliere, Gaetano Cortellessa, Federica Caligiuri, Antonio Ambretti. Disposto, inoltre, il dissequestro delle aree ancora sotto sequestro.

Tutto regolare, tutto secondo legge. Decisiva, infatti, è stata la scelta dei giudici di “derubricare” il reato da disastro doloso a disastro colposo. Per i non addetti ai lavori, significa che secondo la Magistratura i dirigenti e amministratori responsabili della mancata bonifica, pur avendo agito con comportamenti illeciti secondo volontà, o negligenza e imprudenza, non erano pienamente coscienti delle conseguenze delle loro azioni od omissioni. Non c’è stato dolo, appunto. Ed ecco che le pene diventano leggere, tutte da confermare nei probabili successivi gradi di giudizio e suscettibili di essere ridotte o commutate. In parole povere, non è assolutamente detto che gli uomini, oggi condannati, facciano un giorno di galera. Perchè in Italia sul sistema giustizia e sulla funzione stessa della pena – che deve anche fungere da deterrente, oltre a soddisfare e risarcire la parte lesa – c’è ormai davvero tanta confusione. Nei codici e nell’opinione pubblica. E se di tutto questo va preso atto, “rispettando” la sentenza sul piano istituzionale, di certo la sostanziale impunità di chi ha condannato un intera area del napoletano al disastro ambientale non può essere accettata sul piano morale e politico. Il sistema clientelare che è ruotato intorno a Bagnoli in questi 20 anni ha arrecato danni non solo all’erario pubblico, con enorme spreco di risorse, ma soprattutto al futuro di intere generazioni, che si sono viste precludere ogni prospettiva di risanamento, salute e progresso. Ed è bene non dimenticarlo, a prescindere da cosa sia scritto nelle sentenze.

Scritto da Dario Chiocca


Classe '78, è tra i fondatori de L'Iniziativa, di cui è presidente. Puteolano, è cresciuto nel quartiere di Monterusciello, dove risiede. Laureato in Giurisprudenza, impegnato da sempre sulle questioni sociali, anche nei movimenti studenteschi e nelle organizzazioni sindacali, dal 2010 è avvocato presso il Foro di Napoli e svolge la sua attività professionale nel campo nel diritto civile e del lavoro. In ambito di normativa del lavoro, si occupa inoltre di formazione.