Rubrica/ Il racconto del “Cammino delle terre mutate”, da Camerino a Fiastra

Camerino-Fiastra – Lunghezza: 21 km. Dislivello: salita 870 m, discesa 745 m.

Mi rimetto in cammino sereno e sorridente, pieno di aspettative. La mia meta era Fiastra, distante 21 km. Sono entrato nel Parco Nazionale dei Monti Sibilinni, passando per il Lago di Polverina, querceti e castagneti. L’entusiasmo aumenta quando trovo altre tracce di lupi, e stavolta anche di cinghiali. La vita mi circonda, non cammino più da solo e tutto ciò che leggevo sui libri e guardavo alla TV, adesso lo stavo vivendo. Comincio a prestare attenzione ai suoni, a fermarmi ogni volta che trovo del fango lungo il percorso. Chi è passato qui prima di me? Chi mi precede? Stavolta non mi sono stancato, nonostante il percorso impegnativo, ma capisco che esistiamo solo io e le montagne, le quali non mi mettono fretta. Prima del previsto arrivo a Fiastra. Penso di aver fatto più foto al paese visto dall’alto piuttosto che lungo tutto il percorso. Una grande valle, dove piccoli centri abitati sono circondati da campi e monti, e dove al centro si erge un colle solitario, con un castello che domina la valle. Risalgo il colle, non con poca fatica, e scopro che del castello, il Castrum Fiastrae, rimangono solo i ruderi. Ma l’abazia di San Paolo apostolo è ancora lì. Fiastra ha un lago artificiale, stupendo, alimentato dal fiume Fiastrone. L’acqua è di giada, fresca, nonostante la stagione, piatta, trasparente. Fiastra è il paese di nonna Peppina, una donna di 96 anni che ha costruito una casetta di legno per sostituire la sua “temporaneamente inagibile”. Nonna Peppina ha ricevuto una avviso di sfratto per abusivismo edilizio, ma per fortuna la situazione è stata sanata, vista la situazione d’emergenza diffusa. Il centro del paese è completamente inagibile. Anche gli uffici comunali, le banche, i carabinieri non hanno più una sede. Ma il lago sembra rendere tutta l’atmosfera più serena, al bar sono tutti tranquilli. Gli uccelli solcano le sue acque, incuranti di ciò che accadde qualche anno fa. Ad accogliermi c’era Giancarlo, nel suo rifugio “Il Trebbio”. Giancarlo apre il suo ristorante apposta per me, spostando il giorno di chiusura. Mi fa compagnia, bevendo e mangiando con me, raccontandomi delle difficoltà del territorio. Comincio a comprendere l’importanza della montagna, di creare una connessione con la città. Di aumentare i legami, di non isolare le persone che sopravvivono di attività di nicchia e che la città vede solo come piacevole passatempo. Passo la notte da solo al rifugio, al margine del bosco. Qui faccio il mio primo incontro con i cinghiali, anche se non li vedo. Cerco di fotografare il cielo notturno, senza luci, quando sento dei grugniti alle mie spalle. Panico. Penso che abbiano provato provato la mia stessa sensazione, visto che il suono successivo somiglia tanto a quello della fuga. Il giorno successivo mi aspetta una delle tappe più impegnative: 1000 metri di dislivello in salita, verso Ussita. Grazie cinghiali per avermelo fatto fare.

Scritto da Stefano Erbaggio


Nato nell' 88 e cittadino puteolano. Studente di Scienze Naturali, dal 2010 collabora con L'Iniziativa, occupandosi di ambiente e sviluppo sostenibile. Giornalista Pubblicista, ha collaborato con "La Nuova Ecologia", "Terra", "Cronaca Flegrea" ed "Il Roma". Volontario di Legambiente, integra l'amore per la natura con la difesa e la conoscenza del territorio. Dal 2012 è Guida naturalistica AIGAE, attivo specialmente nei Campi Flegrei e collaborando con numerose scuole del territorio.