RUBRICA DI CINEMA / Allacciate le cinture di Ferzan Ozpetek

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Lecce. Due giovani italiani, appartenenti a culture ed estrazioni sociali differenti, si innamorano per puro caso ad una fermata dell’autobus. Lui è Antonio, classico esempio dell’uomo medio stereotipato, tutto muscoli, tatuaggi e pochissimo cervello. Lei è Elena, ragazza borghese affascinata dall’idea di mettere su un locale tutto suo. Il film si muove in un arco temporale di circa tredici anni, mostrando così – tempo dopo – i due amanti alle prese con la malattia degenerativa di lei, tra chemio e perdita dei capelli.

Affascinato dalla cultura naif occidentale e molto probabilmente da Almodovar, regista cui si ispira, Ozpetek torna sul grande schermo con una pellicola tanto drammatica quanto particolare. Ci torna insieme a Kasia Smutniak, alle prese con il suo primo lungometraggio dopo la morte del marito Pietro Taricone.

Fulcro del film è principalmente il mettere in luce le differenze tra i due protagonisti Antonio ed Elena. Il primo, classico esempio dell’uomo stupido, senza un briciolo di pensiero critico e addirittura omofobo, anzi razzista. Antonio, d’altronde, è fatto così, è un prodotto della società che lo ha tirato su, una società ristretta e claustrofobica, dove il corpo ha molto più valore della mente. Elena, invece, appartenente ad una società omologata e borghese, cerca di evadere, rifugiandosi nel sogno di aprire un locale. Eppure anche tra persone così distaccate, lontane, può scattare qualcosa. Qualcosa che supera ogni differenza.

A tratti melodrammatico, l’opera di Ozpetek, che in fin dei conti si rivela un dramma solo nella parte “ospedaliera” del film, non riesce a creare – come accennato da Dario Zonta su Mymovies – la tensione emotiva giusta, riducendosi, così, solo ad un’intensa storia empatica. Empatia, che gioca anche e soprattutto sulle musiche del film a cura di Pasquale Catalano. Perfetto, tra l’altro, il brano “A mano a mano” di Cocciante ma interpretato da Rino Gaetano. Fotografia ottima e montaggio lineare, nonostante i flashforward ed i flashback.

Buono sia alla critica che ai botteghini, Allacciate le cinture è un bel dramma sulla casualità del destino.

Scritto da Antonio Di Fiore


Classe '93. Sono nato e vivo tuttora a Napoli. Attualmente frequento il corso di laurea in Scienze della Comunicazione, curriculum Cinema e Televisione. Aspirante regista e sceneggiatore, credo fermamente nel potere della settima arte.