EDITORIALE/ Parco archeologico dei Campi Flegrei, vietato fallire

Il tema del Parco archeologico dei Campi Flegrei ha fatto breccia, finalmente, nel dibattito pubblico locale. Prima la diffusione dei dati Mibact sul boom del turismo culturale in Italia nel 2017, che vede però i Campi Flegrei praticamente assenti, riportata sul giornale on line “Cronaca Flegrea”; poi l’intervista su “Il Mattino” alla dott.ssa Adele Campanelli reintegrata alla guida del Parco, che annuncia i suoi propositi dopo lo stop di otto mesi, dovuto a vicende giudiziarie e problemi burocratici; infine, l’intervento del primo cittadino di Pozzuoli Vincenzo Figliolia, che dal suo profilo istituzionale fb ha manifestato la volontà del Comune di sostenere questo nuovo percorso.

VIETATO FALLIRE – Ma perchè il successo del Parco archeologico è così importante per i Campi Flegrei? Alla sua nascita, avvenuta sulla carta da oltre un anno, frutto della seconda fase della riforma Franceschini, è legata la possibilità concreta di mettere a reddito l’immenso patrimonio archeologico del territorio flegreo, che coinvolge quattro Comuni e decine di siti, dall’Anfiteatro al percorso del Rione Terra, dall’area di Cuma ai “siti minori”, dal Museo nel Castello di Baia alla città sommersa. Un patrimonio che va reso accessibile, fruibile e che va liberato, soprattutto, da una gestione burocratica tipica della Soprintendenza – basti pensare alla vicenda paradossale dell’impianto di illuminazione del Tempio di Serapide – in favore di una collaborazione più aperta e dinamica con operatori privati e un approccio più efficiente, sotto la spinta della neo-direttrice, vincitrice di concorso. Così è stato, almeno, per altri siti interessati dalla stessa riforma (Museo archeologico di Napoli, Museo di Capodimonte, Reggia di Caserta, tanto per fare esempi geograficamente vicini), che godono da qualche tempo di un sensibile incremento di visitatori e di una autonomia finanziaria che dovrebbe rendere possibile la risoluzione di alcuni problemi strutturali, come quello delle risorse umane.

LE CRITICITA’ – Il territorio, dunque, dopo la crisi delle attività produttive tradizionali e la dismissione industriale, ha ora la possibilità di trovare una nuova vocazione economica degna di questo nome. Ma da dove si parte? E per arrivare dove? Per il Parco archeologico dei Campi Flegrei ci sono 38 milioni di euro pubblici, da investire prima di tutto in accessibilità e manutenzione. La dott.ssa Campanelli pone l’accento, nelle sue ultime dichiarazioni, sulla mancanza di personale (80 custodi su 110 previsti, 3 archeologi su 6 previsti, nessun architetto o amministrativo), sulla necessità di armonizzare sistemi di bigliettazione e orari di apertura, sulla volontà di rendere effettiva l’accesibilità di siti come lo Stadio di Antonino Pio o il Macellum/Tempio di Serapide (come previsto da anni dal protocollo Comune di Pozzuoli – Soprintendenza, mai concretizzato per quanto attiene a questo punto). Resta il grande punto debole della possibilità di raggiungere fisicamente i siti, rispetto al quale è incoraggiante che la direttrice Campanelli, finalmente nel pieno delle sue funzioni, faccia riferimento a servizi di navette che, come è evidente, difficilmente possono essere delegati in questa fase storica alle aziende di trasporto pubblico locale.

OBIETTIVO STRATEGICO – “Al più presto partiranno i bandi di gara. Bisogna riassegnare anche i servizi aggiuntivi”. Bene! Speriamo che i bandi partano davvero e procedano senza intoppi. E che questi servizi aggiuntivi siano intesi in modo non restrittivo. Perchè il punto di arrivo di tutta l’operazione non può limitarsi a un maggiore incasso derivante dagli ingressi nei siti; e nemmeno a un maggior numero di pernottamenti nelle ancora poche strutture del terrtiorio senza distribuzione di consumi e di reddito al di fuori di queste. L’obiettivo deve essere sviluppare sul territorio un’economia diffusa, basata sull’erogazione di servizi turistico-culturali, al fine di garantire opportunità di lavoro a guide, professionisti e a tutti i soggetti legati alla ricezione di qualità.

E poi c’è il grande tema, ancora sconosciuto alla gran parte di politici e amministratori, sottovalutato anche da parte degli operatori di settore, della promozione e del marketing del territorio, con relativo inserimento nei circuiti turistici esistenti. Promozione e marketing che nella società della comunicazione veloce e globale vanno impostate in modo professionale e innovativo e che presuppongono l’esistenza di un “prodotto Campi Flegrei”, che ad oggi ha ancora contorni sbiaditi e confusi. Per cosa dovrebbero venire a conoscerci i visitatori? Per la storia, la natura, il bradisismo, le tradizioni marinare …? Probabilmente per un’identità culturale che comprende e che è il risultato di tutto questo, ma per la quale c’è ancora tanto da fare. E intanto, il periodo di stallo del Parco archeologico, speriamo superato, si sovrappone allo stop di un anno subito dal bando di gara interazionale per la gestione del Rione Terra e all’assenza di strategia per il potenziamento del Polo Toledo (fondamentale per un territorio che ambisce al turismo culturale). La sinergia tra il Parco e i Comuni flegrei, a partire da quello di Pozzuoli, dovrebbe tener conto anche di questo. Prima che il treno dei flussi di visitatori verso Napoli e l’Italia venga perso e che la desertifcazione economica, visibile a fasi alterne anche nel Centro Storico puteolano, avanzi ancora.

Scritto da Dario Chiocca


Classe '78, è tra i fondatori de L'Iniziativa, di cui è presidente. Puteolano, è cresciuto nel quartiere di Monterusciello, dove risiede. Laureato in Giurisprudenza, impegnato da sempre sulle questioni sociali, anche nei movimenti studenteschi e nelle organizzazioni sindacali, dal 2010 è avvocato presso il Foro di Napoli e svolge la sua attività professionale nel campo nel diritto civile e del lavoro. In ambito di normativa del lavoro, si occupa inoltre di formazione.