E io pago: gli italiani, le tasse ed i (dis)servizi

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Irpef, Irap, Iva, imposte ed accise. E l’ultima arrivata, la Service Tax, prima Imu, prima ancora Ici. Cambiano i nomi … e la sostanza? Ci sono i numeri a soccorrere il cittadino italiano stordito da tante nomenclature: nel giro di 15 anni, la tassazione locale è aumentata del 114 per cento, il che si traduce in 102 milioni di euro che volano fuori dalle tasche di chi paga e finiscono nelle casse dei governi locali. Più tasse, più servizi – si potrebbe rispondere. Ma non lo si fa, non in Italia.
La Cgia (Associazione Artigiani Piccole Imprese) di Mestre, in una ricerca che elabora i dati Eurostat, affonda il colpo: l’Italia è il Paese più tassato d’Europa, escludendo i Paesi scandinavi. Così, la Danimarca di assesta al 47,4 per cento, la Svezia al 36,8 per cento, la Finlandia al 30,8 per cento … e l’Italia, spersa tra le vette del welfare nordico, si aggiudica un quarto posto con una percentuale del 30,2 nel 2012. Ragionando in termini assoluti, ogni italiano, dai bambini agli anziani, versa un carico di imposte, tasse e contributi pari a 11.629 euro, ossia il 120 per cento in più di quanto è stato pagato nel 1980. In maniera ancora più concreta, un operaio, rispetto a tre anni fa, paga 89 euro in più di Irpef, un impiegato 117 euro ed un quadro 284. E l’anno prossimo la situazione non dovrebbe migliorare: l’operaio dovrà versare 401 euro di Irpef, l’impiegato 664 ed il quadro 284. E’ davvero questa la soluzione per un’Italia migliore, aumentare le tasse? Secondo molti, no.
Il segretario Cgia di Mestre, Giuseppe Bortolussi, commenta in maniera concisa i dati: “Con un livello di tassazione del genere dovremmo ricevere una quantità di servizi con livelli di qualità non riscontrabili altrove. Invece, tolta qualche punta di eccellenza che registriamo in tutti i settori, la giustizia civile funziona poco e male, il deficit delle nostre infrastrutture materiali ed immateriali è spaventoso, in molte Regioni del Sud la sanità è al collasso, senza contare che la nostra Pubblica amministrazione presenta ancora livelli di inefficienza non giustificabili.”E continua: “Se in Italia le tasse continuano ad aumentare e negli ultimi due anni il debito pubblico sul Pil è passato dal 120 a quasi il 130 per cento e dall’inizio della crisi i disoccupati sono aumentati di circa un milione e mezzo, forse c’è qualcosa che non va. Dobbiamo assolutamente invertire la rotta, alleggerendo il carico fiscale su cittadini e imprese, condizione necessaria per far crescere la domanda interna e, molto probabilmente, anche l’occupazione.
Nel rapporto “Le tasse in Italia e in Europa”, scritto da Pietro Monsurrò per l’Istituto Bruno Leoni nell’aprile 2012, si legge: “Il sistema fiscale italiano è tra i più esosi e più complessi in Europa – forse il più esoso e il più complesso, tutto considerato. Qualunque ulteriore intervento nel senso dell’aumento della pressione fiscale non può che avere effetti recessivi”. Quasi una predizione. E prosegue, nelle conclusioni: “Di certo l’Italia non è in crisi fiscale per carenza di entrate: è il peggiore Paese d’Europa per moltissime tipologie di imposte, e uno dei peggiori per le altre. Lo Stato Italiano soffre di bulimia, e la spesa in rapporto al PIL nel 2009 era la più pesante d’Europa, dopo Belgio, Finlandia, Francia, Danimarca e Svezia, paesi in cui la qualità della spesa è però ben superiore, offrendo servizi pubblici che lo Stato Italiano non è in grado di fornire.” Ecco il cuore del problema: l’Italia arranca, i cittadini – onesti – pagano, ma di servizi, nemmeno l’ombra.

Scritto da Laura Longo


Laura Longo, nata a Napoli il 04/03/1987. Laureata in Comunicazione pubblica, sociale e politica alla "Federico II" di Napoli, nel 2011. Vivo a Pozzuoli e qui collaboro con diverse realtà associative. Mi piace scrivere di società ed attualità. Seguire eventi culturali in città ed apprezzarne, ogni giorno, le bellezze inaspettate. Non mi piace l'inciviltà, il rumore, l'arroganza.