ATTUALITA’ / Crisi e salute, incentivi e lavoro: i nodi irrisolti dalla politica italiana

GIOVANI-LAVORO[7]Secondo due studi di quest’anno, uno elaborato dall’Imperial College di Londra e dell’Università di Oulu in Finlandia ed un altro da esperti dell’Università di Lussemburgo, c’è un legame diretto e dimostrabile tra crisi, precarietà ed invecchiamento precoce. Questo momento di empasse economico, dunque, non ha ricadute solo su di una sfera del vivere sociale, ma le affligge tutte, non fermandosi ai soli versanti psicologico e relazionale, ma affondando il colpo anche su quello sanitario: “Molte ricerche hanno collegato fino a oggi la disoccupazione a lungo termine con la salute”, afferma una delle coordinatrici della ricerca, Leena Ala-Mursula, “questa è la prima a mostrare un effetto a livello cellulare e a sollevare preoccupazioni sugli effetti a lungo termine della disoccupazione in età adulta.”

In particolare, la ricerca condotta da Londra e Finlandia si è basata su di un campione di 5.600 individui, a cui è stato misurato il livello di invecchiamento tramite prelievo di sangue e di analisi del Dna. E’ stato così rilevato che per gli uomini rimasti senza lavoro per almeno due dei tre anni precedenti i test le probabilità di avere dei telomeri (cappucci protettivi dei cromosomi) più corti rispetto agli individui con lavoro regolare e continuativo sono più del doppio. La presenza di telomeri più corti è segno di invecchiamento cellulare e, allo stesso tempo, è connessa alla possibilità di contrarre malattie degenerative. Questo effetto è stato dimostrato solo sugli individui di sesso maschile: l’ipotesi degli studiosi è che le donne abbiano più attività socioeconomiche a cui dedicarsi e che, per questo, affrontino, anche a livello cellulare, in maniera diversa la disoccupazione. “Mantenere il posto di lavoro dovrebbe essere una parte essenziale delle strategie di promozione della salute in generale”, chiosa Ala-Mursula.

LA SITUAZIONE IN ITALIA

La disoccupazione non è un fenomeno prettamente giovanile, ma non si possono trascurare i tristi record italiani: l’Ocse registra una disoccupazione giovanile pari al 41,2 per cento. I dati continuano a parlare, ed il tono è sempre impietoso: dal 1991 al 2010, secondo elaborazioni sull’archivio storico dell’Indagine sui bilanci delle famiglie italiane, il reddito per classi di età misura una fortissima disparità tra quello della fascia dei sessantenni e dei giovani tra i 19 ed i 34 anni, causando una “elemosina generazionale”, come l’ha definita Mauro Munafò, una sorta di dipendenza malata che i più giovani sono costretti a mantenere nei confronti di mamma e papà, ma anche di nonno e nonna.

I LIMITI DELLA POLITICA DEGLI INCENTIVI FISCALI

Eppure, questa non è una piaga recente: il governo Letta, come quello Monti in precedenza, aveva individuato nel Decreto Lavoro norme in grado di fornire risposte concrete, attuando una politica degli incentivi rivolti alle imprese che avrebbero assunto giovani. Quanto, però, questi incentivi si trasformano in pericolose macchine della precarietà? Purtroppo, il piano che riguarda la fascia debole, precaria e giovane della popolazione non si è rivelato efficiente come si sperava. Il bonus assunzioni, presentato da Enrico Giovannardi in estate, stanzia milioni di euro nel quadriennio 2013-2016 per incentivare l’entrata dei giovani dai 18 ai 29 anni nel mercato del lavoro. I beneficiari devono avere almeno una di queste caratteristiche: single con una o più persone a carico; senza impiego da minimo sei mesi; senza diploma di scuola media superiore o professionale. L’incentivo per l’azienda che assume corrisponde ad un bonus contributivo che arriva a 650 euro per 18 mesi per ogni giovane assunto a tempo indeterminato, o per 12 mesi in caso di stabilizzazione di un contratto a termine. “Contiamo di attivare potenzialmente 200 mila soggetti, 100 mila con la decontribuzione e 100 mila con tutte le altre misure”, affermava Giovannardi. A fine ottobre, le domande pervenute all’Inps sono 13.770. Dov’è l’inghippo? Nel non lavorare, probabilmente, di intesa tra società e lavoratori, raccogliendo domande e creando offerte – credendo ancora, forse, in un meccanismo autoregolativo del mercato che sta dimostrando ancora i propri pesanti limiti.

Scritto da Laura Longo


Laura Longo, nata a Napoli il 04/03/1987. Laureata in Comunicazione pubblica, sociale e politica alla "Federico II" di Napoli, nel 2011. Vivo a Pozzuoli e qui collaboro con diverse realtà associative. Mi piace scrivere di società ed attualità. Seguire eventi culturali in città ed apprezzarne, ogni giorno, le bellezze inaspettate. Non mi piace l'inciviltà, il rumore, l'arroganza.