Sospendere i brevetti e garantire l’accesso ai vaccini è necessario (oltre che giusto)

Una proposta che ha scosso il mondo quella di Joe Biden, Presidente degli Stati Uniti d’America, avanzata sulla base della mozione presentata dall’India e dal Sud Africa all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), lo scorso ottobre: sospendere il brevetto del vaccino anticovid, ovvero i diritti di proprietà intellettuale appartenenti alle grandi case farmaceutiche. L’iniziativa permetterebbe ai paesi più poveri di ogni continente di accedere ai vaccini, grazie alla condivisione delle conoscenze e delle tecnologie. “Occorre sospendere i brevetti per i vaccini contro il Covid-19, in modo che la loro ricetta sia a disposizione di tutto il mondo”, dichiara Biden. “Questa è una crisi sanitaria globale e le circostanze straordinarie della pandemia Covid-19 richiedono misure straordinarie”, afferma la rappresentante commerciale degli Stati Uniti, Katherine Tai. Un “atto monumentale nella lotta al covid” è il commento di Tedros Adhanom Ghebreyesus direttore generale dell’OMS (Organizzazione mondiale della Sanità). A sostenere la proposta americana ci sono innanzitutto le ONG (da Emergency a Oxfam, fino a Medici senza frontiere, per citarne alcune) i cui numerosi appelli ad approvare la liberalizzazione dei brevetti sui vaccini per preservare la salute pubblica, rivolti già da tempo ai Capi dei Governi di tutto il mondo, sono stati accolti favorevolmente, ad eccezione della cancelliera tedesca Angela Merkel, per la quale uno stop al brevetto avrebbe “implicazioni significative sulla produzione”. Contraria alla revoca dei brevetti è, ovviamente, “Big Pharma”, ovvero la grande multinazionale farmaceutica che definisce “deludente” l’iniziativa americana. Cauta l’Unione Europea, che per bocca della presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen si è dichiarata “pronta a discuterne” e che ad oggi, è giusto evidenziarlo, ha fatto molto di più per i Paesi più poveri in tema di vaccini attraverso più cospicue esportazioni.

I numeri di Big Pharma – Sono 12 i miliardi di fondi pubblici e garanzie di preacquisto ricevuti dai colossi farmaceutici (Moderna, Pfizer/BioNtech, Johnson & Johnson, Novovax e Oxford/AstraZeneca) soltanto dal governo americano. Gli investimenti pubblici totali per lo sviluppo dei vaccini ammontano, invece, a 88 miliardi di dollari. Queste case farmaceutiche hanno inoltre potuto usufruire dei risultati di ricerca e sviluppo, ottenuti con soldi pubblici, soltanto il 3% dei costi in R&S per il vaccino Oxford/AstraZeneca è stato finanziato da privati. È quanto emerge da uno studio delle Universities Allied for Essential Medicines. “I vaccini anti Covid sono oggi disponibili anche grazie alle risorse pubbliche, ma per porre fine alla pandemia c’è un disperato bisogno di un numero tale di dosi da soddisfare la domanda globale” dichiarano (lo scorso 22 aprile in occasione delle assemblee degli azionisti di Pfizer e Johnson & Johnson) Oxfam ed Emergency che denunciano: “i guadagni degli azionisti di big pharma bastano a vaccinare l’intera popolazione africana”. Nonostante l’economia globale abbia già perso fino ad oltre 9.000 miliardi di dollari nel 2021, le case farmaceutiche più grandi si arricchiscono a dismisura: i vaccini Pfizer e Moderna hanno un costo di produzione di meno di 2 dollari, ma vengono venduti a più di 70 dollari a ciclo. Il fondatore di BioNTech, Ugur Sahin, ora detiene un patrimonio di 5,9 miliardi di dollari, mentre l’amministratore delegato di Moderna Stephane Bancel vale 5,2 miliardi e ha già incassato, dall’inizio della pandemia, oltre 142 milioni di dollari dalla vendita di parte delle azioni possedute. È quanto stimato dall’International Chamber of Commerce.

E i numeri dei paesi poveri – E mentre si consuma lo scontro sulla liberalizzazione dei brevetti, detenuti da una ristretta cerchia di case farmaceutiche, la campagna vaccinale procede lentamente. Nei paesi cosiddetti ricchi è stata vaccinata 1 persona su 4 (ovvero il 25%); nei paesi poveri, invece, appena 1 persona su 500 (ovvero lo 0.2%). Insufficiente a coprire il fabbisogno dei paesi poveri sembra essere il programma Covax, sostenuto dall’OMS e dall’UNICEF e finanziato dalle donazioni di governi, istituzioni multilaterali e fondazioni, che coprirà appena il 3% della popolazione entro la metà dell’anno e il 20% entro la fine del 2021. I primi a farne le spese saranno i Paesi già distrutti da anni di guerra e messi in ginocchio dalla crisi climatica, come Sud Sudan, Yemen, Malawi, che senza strutture sanitarie, strumenti di protezione, cure e vaccini hanno subito un aumento esponenziale dei contagi negli ultimi mesi, denunciano Emergency ed Oxfam Italia.

L’immunità di gregge – Gli investimenti nella ricerca (da incentivare al fine di poter affrontare qualsiasi emergenza sanitaria) hanno permesso di realizzare, quasi in tempi record, il vaccino anticovid19, pertanto tutte le parti coinvolte nel lungo e complesso processo della produzione dei vaccini devono essere tutelate. Tuttavia, la liberalizzazione momentanea dei brevetti e quindi la condivisione del know how, non è (solo) un atto di solidarietà verso i paesi meno abbienti, ma un atto necessario che permetterebbe all’intero pianeta di raggiungere l’immunità di gregge, unica condizione per fermare la circolazione del virus nel mondo e si sviluppino sempre più aggressive varianti. L’accesso universale al vaccino è “la precondizione necessaria perché si inneschi il fenomeno dell’immunità di gregge”, afferma La presidente di Medici Senza Frontiere, l’infettivologa Claudia Lodesani.

La normativa – I diritti di proprietà intellettuale (DPI) ovvero il diritto d’autore, il diritto dei brevetti e il diritto dei marchi sono, giustamente, protetti dalla legge. Tuttavia, il nostro sistema giuridico permette di sospendere il brevetto sui vaccini in condizioni emergenziali come la crisi sanitaria globale che il mondo intero sta vivendo da circa un anno e mezzo. Lo leggiamo nel TRIPs (Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights), il trattato internazionale promosso dall’Organizzazione mondiale del commercio che tutela i diritti di proprietà intellettuale; e ancora, nella Risoluzione 58.5 dell’Organizzazione mondiale della sanità e negli articoli 141, 142 e 143 del codice della proprietà industriale (CPI) in Italia. La domanda, legittima, che ci si pone da più parti è se la sospensione dei brevetti sia di per sé sufficiente a garantire l’accesso ai vaccini per i Paesi più poveri. Probabilmente non del tutto, o non da sola, perché è necessario lavorare anche sul fronte della produzione e dei termini dei contratti stipulati tra governi e case farmaceutiche. Ma resta un punto certo: l’accesso equo ed universale ai vaccini e alle cure deve prevalere, almeno durante una pandemia, (ma non soltanto), sul profitto di pochissimi per porre fine all’emergenza e tutelare la Salute Pubblica di tutto il mondo.

A cura di Vania Cuomo

Scritto da Vania Cuomo


Giornalista, laureata in Filosofia. Appassionata di arte e viaggi, musica e supereroi. Sensibile alle tematiche medico-sanitarie alle quali si avvicina come autrice di fumetti e come social media manager. Impegnata sul territorio dei Campi Flegrei, coniuga giornalismo e social per diffondere una corretta informazione, al servizio della collettività.