Rubrica “Arte e cultura”/ La Chiesa di San Raffaele Arcangelo di Pozzuoli, gioiello dimenticato

La Chiesa di San Raffaele Arcangelo rappresenta un vero e proprio emblema dei cambiamenti artistici avvenuti nel corso del Settecento. Uno “scrigno rococò” spesso chiuso al pubblico, che difficilmente riesce a fruire della sua spettacolarità.

CENNI STORICI – Agli inizi del Settecento tra i fedeli puteolani iniziò a diffondersi il culto per l’arcangelo Raffaele, insieme a quello già più diffuso per l’arcangelo Michele. Fu proprio un gruppo di fedeli a raccogliersi attorno ad un giovane sacerdote, Domenico D’Oriano, tra la cui cerchia si distinse Tommaso Adoldo, il quale costituì un fondo a favore della costruzione di una chiesa dedicata proprio all’arcangelo Raffaele. Dopo di lui altri seguirono il suo esempio.

In un primo momento si pensò di riadattare e trasformare la vecchia cappella di S. Caterina d’Alessandria, data la posizione favorevole della struttura. La richiesta fu avallata dal nuovo vescovo di Pozzuoli, Nicola de Rosa, il quale nel 1743 ne dispose la ristrutturazione nominando rettore della chiesa lo stesso Domenico D’Oriano, il quale a sua volta incaricò l’ingegnere Tommaso Rajola di restaurare e ampliare la cappella. L’ingegnere però, visto il pessimo stato di questa, consigliò di abbatterla e di ricostruirla da capo.

Le date di inizio e fine dei lavori sono ancora oggi sconosciute. Presso l’Archivio Storico Diocesano di Pozzuoli è però possibile ritrovare le note di pagamento su alcuni lavori che possono darci un’idea di quando si edificò la nuova chiesa e quali furono i lavori appaltati. Da quelle stesse note e dai documenti d’archivio sulla sua fondazione, è possibile conoscere i nomi di coloro ai quali fu affidato il compito di completarla e arredarla. Come si presenti la chiesa e come essa sia mutata nel corso dei secoli, lo possiamo invece attestare leggendo le visite pastorali dei vari vescovi che si sono succeduti, i quali al termine delle loro visite erano soliti scrivere una sorta di relazione sulle sue condizioni, e un inventario dei beni da essa posseduti.

RARO SCRIGNO DEL ROCOCÓ NAPOLETANO – Giungendo dalla parte bassa di Pozzuoli, la chiesa si presenta quasi di sorpresa. La facciata da cui emerge un movimento curvilineo mostra l’influenza di altri artisti come Francesco Borromini, architetto ticinese emblema del barocco seicentesco. Il rigonfiamento della parte centrale contribuisce a sottolineare il portale in piperno, al di sopra del quale è posta una nicchia in cui è collocata la statua in marmo bianco dell’arcangelo Raffaele. Sotto di essa un’inscrizione che indica il santo dedicatario della chiesa “Arcangelo Raphaeli viatorum duci” (all’arcangelo Raffaele guida dei viaggiatori). Sia nella precisa separazione degli spazi, che dal punto di vista cromatico, tutta la facciata rispecchia in pieno ciò che accade all’interno.

La chiesa presenta una pianta centrale di forma ottagonale, con quattro altari simmetrici. Nell’apertura semicircolare (o abside) è posto l’altare maggiore: un pregevole lavoro di intarsio sormontato da due colonne tortili (a spirale) in marmo verde, che un po’ ricordano quelle del famoso baldacchino di Gian Lorenzo Bernini nella Basilica di S. Pietro a Roma. L’originalità della chiesa è data proprio dalla sua composizione architettonica: barocca ma progettata con regole classiche, e ingentilita dalle linee dello stile rococò più delicato e raffinato. Essa fu infatti concepita seguendo i cambiamenti artistici che si andavano affermando nel corso del Settecento. Cambiarono i materiali e i colori utilizzati, all’eccesso di oro e bronzo si sostituirono gli stucchi e i marmi. Sono proprio questi ultimi a rappresentare uno degli elementi di spicco che contribuiscono senz’altro a donare prestigio alla chiesa. Realizzati dall’opera di Crescenzo Trinchese, testimoniano l’importanza dell’uso del colore, con toni che vanno dall’ocra al verde smeraldo.

La pavimentazione è l’unica a non aver subito interventi nel corso del tempo, e ha probabilmente risentito del caldo clima puteolano e del calpestio dei visitatori, che ne hanno alterato la colorazione. Essa è opera di Giuseppe Massa, esponente di una delle famiglie di rigiolari (o maiolicari) più noti nel napoletano, il quale adottò la soluzione dell’impianto in cotto parzialmente decorato, con colori vicini alla natura e quindi allo stile del tempo.

A completamento di questa elegante struttura architettonica, sovrastano l’ingresso la cantoria e l’organo. La cantoria (dal termine cantori che erano soliti accompagnare la messa con canti liturgici) in legno intagliato e dorato, fu opera di Cristofaro Pollio, e decorata in oro zecchino da Gennaro Ruggiero. L’organo, ancora funzionante, è del Settecento ed è opera di Francesco Cimmino, organaro molto attivo a Napoli in quel periodo.

La luce, altro elemento essenziale nello spazio, entra dalle ampie finestre delle pareti quasi come per esaltare le strutture, e concorre ad accendere i colori, la superficie del marmo, dello stucco e del legno dorato.

OPERE PITTORICHE E SCULTOREE – Sull’altare maggiore della chiesa vi è un dipinto (olio su tela,1749) di Giovan Battista Rossi raffigurante L’Arcangelo Raffaele che mostra il luccio a Tobiolo. Con intensi giochi chiaroscurali, la scena risulta quasi un evento galante, con i personaggi che sembrano danzare. Non è stato possibile studiare il dipinto in maniera approfondita a causa dei danni subiti da un restauro realizzato nel 1843.

Sulle pareti laterali dell’abside vi sono invece due opere di un rinomato artista puteolano: Giacinto Diano. Sulla parete sinistra troviamo un ovale raffigurante L’estasi di Santa Teresa d’Avila (1758-1760), mentre su quella destra vi è Santa Maria Maddalena penitente (olio su tela, 1758-60). Nato a Pozzuoli nel 1731 da una famiglia di origini pugliesi, la produzione artistica del Diano venne valutata positivamente solo molto tempo dopo la sua morte, quando fu finalmente riconosciuto come la maggiore personalità di quella corrente pittorica. Poco più che ventenne, nel 1752, Diano si trasferì a Napoli e divenne discepolo di Francesco de Mura – un importante pittore del Settecento napoletano – del quale è considerato il miglior allievo, e dal cui stile si allontanò però molto presto. Le sue opere si caratterizzano per una composizione accurata delle figure, luminosità degli ambienti, purezza del disegno e una distribuzione armoniosa del colore, scegliendo di volta in volta quale elemento fosse più adatto per esprimersi al meglio.

Un’altra opera di Diano è collocata poi nel primo altare a destra ed è Il martirio di Santa Caterina d’Alessandria (olio su tela, 1758). La scelta di questo soggetto è forse da ricondurre all’originaria cappella di Santa Caterina. Ricorrono anche qui tutti gli elementi tipici della pittura del Diano: pur trattandosi di un evento cruento, la composizione è ancora una volta molto elegante e la martire di una bellezza classica e composta.

Sulla parete opposta, ovvero il primo altare da sinistra, troviamo un dipinto di Angelo Mozzillo, L’incoronazione di Maria con gli angeli custodi e gli arcangeli Gabriele, Michele e Raffaele. Nella parte alta della composizione vi è la Trinità, poco più in basso l’Immacolata, con la luna ai suoi piedi, incoronata da Cristo. Tra i santi presenti distinguiamo sulla destra San Gennaro, affiancato da un altro santo vescovo che potrebbe essere Nicola de Rosa (1733-1774). In primo piano vediamo San Michele arcangelo nelle vesti di capo dell’esercito celeste, affiancato a sinistra da Gabriele, e a destra da Raffaele nelle vesti di pellegrino (con la conchiglia simbolo dei viaggiatori) affiancato da un bimbo che potrebbe essere Tobiolo.

Nella nicchia sul pilastro a destra dell’abside, all’interno di una cornice intagliata e dorata, è collocata invece una delle poche sculture presenti in chiesa: il San Raffaele arcangelo di Gennaro Vassallo, opera di altissima fattura realizzata nel 1757, e donata alla chiesa dal municipio di Pozzuoli in seguito all’elezione di San Raffaele come patrono minore della città (21 novembre 1749). La statua è scolpita in un solo pezzo di legno e molto probabilmente venne usata come reggicandelabro, vista la posizione del braccio e della mano (sono state infatti trovate molte tracce di cera e bruciature). Vi sono inserti in vetro dipinto ad imitazione di pietre preziose e la decorazione sulla cintola è eseguita in bronzo dorato. I colori molto lucidi simulano la porcellana e gli occhi sono realizzati in vetro e stucco. Manca purtroppo la spada che doveva essere impugnata nella mano destra.

Attualmente conservato al Museo Diocesano di Pozzuoli è invece un Ecce Homo di Giuseppe Sarno, realizzato in legno policromo e databile al 1793 come si legge sulla base dell’opera. Forte è il dato naturalistico del Cristo avvolto in un rosso e fluente manto, con le mani incrociate e il volto reso più doloroso dalla cromia chiara e smaltata.

Infine, gli affreschi nei costoloni della cupola furono realizzati nel 1903 e raffigurano episodi della vita di Tobiolo.

Il perfetto equilibrio degli elementi strutturali e decorativi contribuisce a rendere la chiesa un unicum nel panorama architettonico puteolano. L’unica chiesa puteolana conservata nel suo stile originario, che lo storico dell’arte partenopeo e stimato soprintendente Raffaello Causa definì “raro scrigno del più raro rocaille (rococò) napoletano”.

L’APERTURA – Augurandoci che la chiesa possa esser ancora sede di eventi, e soprattutto resa maggiormente fruibile a chi volesse visitarla, gli attuali orari sono i seguenti: Martedì – Giovedì – Sabato: dalle ore 10:00 alle ore 12:00;

Santo Rosario alle ore 10:30; Santa Messa: ogni sabato ore 9:30, 1° Venerdì del mese ore 9:30 (escluso luglio – agosto), 2° Venerdì del mese 9:30 (escluso luglio – agosto).

(FOTO DI PAOLO VISONE)

Scritto da Martina Iacuaniello


Classe 1990. Vive tra Roma e Napoli, ed è da sempre appassionata di arte, letteratura e politiche culturali. Dopo aver conseguito la laurea in Conservazione dei Beni Culturali presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli, è attualmente iscritta alla magistrale in Storia dell'arte alla Sapienza di Roma.