Rubrica “Arte & Cultura” / Kokocinski al MANN di Napoli, le sue maschere come specchio della società

Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli presenta la mostra personale di Alessandro Kokocinski dal titolo “Kokocinski. La Vita e la Maschera: da Pulcinella al Clown”, aperta al pubblico dal 7 aprile al 5 giugno. La mostra, a cura della Fondazione Alessandro Kokocinski, è promossa e realizzata dalla Fondazione Terzo Pilastro Italia Mediterraneo, con la collaborazione tecnica di Civita. Come una sorta di fil rouge con le maschere di Picasso della mostra Parade in corso al Museo di Capodimonte, anche qui ritroviamo opere ispirate al tema del mascheramento, in questo caso però con un’accezione critica verso la società contemporanea. Una società basata sulle apparenze, e sempre più distante dai concetti di tolleranza e umanità. Tema sul quale l’artista ci invita dunque a riflettere, presentandoci le sue maschere come una sorta di spettacolo della fragilità umana, interpreti del grido dell’artista, e al contempo di quello della tante vittime di ingiustizie e discriminazioni.

ALESSANDRO KOKOCINSKI, UNA VITA PER L’ARTE – Si cade spesso nell’errore di separare il processo creativo di un artista dalla suo percorso esistenziale, senza considerare che dietro alle sue opere e alla tecnica si nasconda l’anima da cui sprigiona il suo estro. Allo stesso modo l’arte di Kokocinski va letta esattamente in parallelo alla sua esperienza di vita. Le opere selezionate ed esposte in mostra, attingono infatti in gran parte alla sua esperienza diretta nel mondo del circo, che lo vide impegnato in Argentina come scenografo di teatro e acrobata equestre.

Ma facciamo qualche passo indietro. Alessandro Kokocinski nasce in Italia nel 1948, nel campo profughi di Porto Recanati, da madre scampata alla deportazione nazista e padre soldato nell’armata anglo-polacca. La sua vita, passata in buona parte tra l’Europa e il Sud-America, è contrassegnata da eventi epocali che vanno dalla caduta di Juan Domingo Perón nel 1955 al triennio di Salvator Allende, un sogno di libertà svanito nel 1973 con il golpe di Augusto Pinochet. In tale circostanza Kokocinski fece ritorno in Europa e fu prima ad Amburgo, quindi a Roma dove conobbe tra l’altro Vittorio Gassman, Carlo Levi, Alberto Moravia e Pier Paolo Pasolini. Dal 1986 soggiorna per alcuni anni in estremo oriente viaggiando tra il sud est asiatico e la Cina. Quindi torna definitivamente in Italia dove fonda la compagnia teatrale “Kosa” con l’artista Lina Sastri. Cura luci, costumi e scenografie di sei spettacoli della compagnia diretti ed interpretati proprio da quest’ultima. Nel 2003 si trasferisce a Tuscania, una cittadina del Lazio, dove crea la Fondazione Alessandro Kokocinski volta a valorizzare la creatività dei giovani artisti (italiani e internazionali) attraverso corsi di formazione e specializzazione, soggiorni formativi e l’organizzazione di mostre ed eventi.

(Foto di Martina Iacuaniello).

IL PERCORSO ESPOSITIVO – Suggestiva, quasi sognante, la ricostruzione delle sei aree in cui il percorso è articolato: L’Arena; Pulcinella; Petruška; Sogno; Il Clown; Maschera Interiore. L’esposizione costituita da un corpus di oltre settanta opere polimateriche dalle tecniche innovative – dipinti, sculture, altorilievi, istallazioni, filmati, versi poetici, libri d’artista – è interamente ispirata alla metamorfosi della maschera, che l’artista definisce “mediatrice fra noi e il vuoto insondabile celato”, la cui iconografia si pone come una sorte di ponte fra mito, finzione e realtà, che accompagnano da sempre la storia e la storia dell’arte.

Il limite tra pubblico e palcoscenico sembra quasi scomparire. Le marionette fuoriescono dal supporto su cui sono state realizzate, per superare il limen, la soglia, tra arte e pubblico. Ed è proprio quest’ultimo a dover fare in qualche modo i conti con la maschera che quotidianamente indossa, per sentirsi parte integrante della società.

Ad accompagnarci nella prima sezione, denominata l’Arena, le note del Bolero di Maurice Ravel scelto per Sguardo al futuro nascente”, la prima delle tre grandi istallazioni dell’itinerario, creata apposta per l’esposizione. Le immagini ci rimandano ad una parodia grottesca in cui realtà, ambiente e società sono filtrati attraverso un nuovo modello di capitalismo globale e attraverso l’attuale ritorno all’incubo delle armi atomiche.

Si prosegue con Pulcinella, simbolo dell’anti-potere, della tragicomicità della vita, un Pulcinella sorridente ma anche dolente, un Pulcinella crocifisso fortemente simbolico. Petruška, marionetta resa celebre da Stravinsky e dal teatro dei burattini russo. Considerato come un parente di Pulcinella, è simbolo del doppio, del rovescio, dell’identità talvolta negata.

“Ho sognato con la fuga, l’infinito in preghiera”. Il sogno, terza sezione. Qui prendono forma figure eleganti, sinuose, leggere come il volo di un funambolo.

“Olocausto del Clown tragico” è la seconda istallazione. É qui che assistiamo al passaggio da Pulcinella alla figura del Clown che emerge in tutta la sua poliedricità, figura comica ma al contempo rassegnata alla maschera che indossa, quasi come se non potesse essere nient’altro per il resto della sua vita. E ancora Al mistero che rimanda a quello inspiegabile della vita in cui tutto si ripete e tutto si annulla, per poi ricominciare. La maschera interiore, ci porta alla fine del percorso come una sorta di sintesi di quanto abbiamo incontrato fino ad ora. Nei dipinti, in cui è evidente il richiamo a Francisco Goya e al contemporaneo Francis Bacon, emerge la grottesca raffigurazione dei protagonisti del teatro putrefatto in cui lo spettacolo della vita va in scena: i potenti che restano seduti a guardare mentre l’orrore manda il mondo in rovina.

La terza ed ultima istallazione “Non l’ho fatto apposta”, chiude il percorso accompagnata dalla voce avvolgente e quasi straziante di Lina Sastri, musa dell’artista.

L’ARTE COME SPECCHIO DELLA SOCIETÁ – Il messaggio di Alessandro Kokocinski sembra essere più che attuale, specchio di questa società nella quale il rispetto per la dignità umana, la comprensione e la collaborazione tra i popoli, hanno subito un duro contraccolpo. Il mondo è un tendone da circo, un enorme teatro, le maschere sono quelle che ogni giorno indossiamo per recitare la nostra parte. Ma lo spettacolo che stiamo dando non è dei migliori.

Scritto da Martina Iacuaniello


Classe 1990. Vive tra Roma e Napoli, ed è da sempre appassionata di arte, letteratura e politiche culturali. Dopo aver conseguito la laurea in Conservazione dei Beni Culturali presso l'università Suor Orsola Benincasa di Napoli, è attualmente iscritta alla magistrale in Storia dell'arte alla Sapienza di Roma.