CULTURA/ Eduardo De Filippo, un genio internazionale “figlio di Shakespeare”

Sono ricaduti in questi giorni i centodiciassette anni dalla nascita di uno dei più grandi artisti di tutti i tempi: Eduardo De Filippo, nato a Napoli il 24 maggio del 1900. Attore, drammaturgo, sceneggiatore e regista. Eduardo ha consacrato al teatro la sua vita, calcando il palcoscenico prestissimo, diventando interprete e autore di opere che hanno segnato la storia e che sono diventate emblema della crisi dell’uomo del Novecento. Oltre a vivere il teatro a trecentosessanta gradi, egli possedeva una cultura letteraria e artistica immensa, e annoverava tra i suoi mentori il drammaturgo più conosciuto al mondo: William Shakespeare, aspetto spesso sottovalutato che invece ha segnato non poco l’opera del drammaturgo napoletano, specialmente nel suo periodo più maturo.

L’AMORE PER SHAKESPEARE – “Ho letto molto da giovane, quando avevo gli occhi buoni, e prima di ogni altro autore scelsi naturalmente il primo della classe: Guglielmo Shakespeare”. Queste le parole pronunciate da De Filippo durante una delle lezioni di Storia del Teatro e dello Spettacolo tenute all’università di Roma “La Sapienza” nel 1981. A provare la grande stima di Eduardo per il drammaturgo inglese sono i numerosi riferimenti a opere shakespeariane presenti nelle produzioni teatrali dell’autore nostrano, come per esempio in Sogno di una notte di mezza sbornia, che richiama alla mente la famosissima Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare (anche se le trame sono completamente diverse), oppure La parte di Amleto e ancora L’erede di Shylock, collegabili rispettivamente all’Amleto e al Mercabte di Venezia. Quello che molti forse non sanno, è che la testimonianza più importante di questo legame tra i due autori è la scelta di Eduardo nel 1983, su richiesta di Giulio Einaudi, di tradurre in napoletano l’ultima opera attribuita con certezza a Shakespeare: La Tempesta. Ironia della sorte, questa traduzione è diventata a sua volta l’addio al palcoscenico del drammaturgo napoletano.

DUE TEMPESTE A CONFRONTO – Entrambe le opere sono fatte “cu la stoffa de li suonne”, citando le parole che De Filippo usa nella sua versione di uno dei monologhi finali di Prospero, eppure non sono esattamente l’una lo specchio dell’altra, ci sono delle differenze che talvolta fanno pensare a una riscrittura, più che a una traduzione. Ma soprattutto, nella Tempesta eduardiana c’è un protagonista assente nel dramma shakespeariano: il napoletano. Per la sua “impresa”, Eduardo decise di usare come equivalente dell’inglese del Seicento una lingua calcata sul modello del dialetto letterario seicentesco di Giambattista Basile, del quale intuì l’enorme valore culturale e storico. Il suo esperimento linguistico non consisteva però in una esatta riproduzione del dialetto di Basile, ma anzi egli cercò di attualizzare quel linguaggio ormai troppo lontano dal pubblico a cui si rivolgeva, rendendolo “come può scriverlo un uomo che vive oggi”, come egli stesso ha scritto nella nota del traduttore che si trova alla fine dell’opera. È proprio questa meravigliosa lingua a plasmare la commedia di Eduardo in un modo del tutto nuovo, trasportando le vicende dell’originale in un luogo che sembra la città di Napoli, rimodellando la caratterizzazione dei personaggi, rendendoli passionali, intraprendenti, benevoli e divertenti, donando loro caratteristiche partenopee. Così lo spiritello Ariel si trasforma nello scugnizzo Ariele; Sycorax, strega di Algeri, in Sicorace, la strega di Benevento; l’indigeno Caliban nell’uomo-pesce Calibano; l’austero e severo mago Prospero nel più apprensivo e benevolo dei padri. Insomma, grazie al linguaggio di Eduardo gli scenari, le canzoni e i personaggi del famoso romance si colorano di tonalità diverse, rimandando a un background socio-culturale molto più vicino al pubblico di Eduardo. La Tempesta napoletana ci mostra il valore dell’interculturalità, che consiste nell’intrecciarsi continuo di culture e tradizioni differenti, e soprattutto ci dimostra la capacità del passato di rinascere nel presente sotto forme nuove e strabilianti. Eduardo quindi veste i panni del traduttore in modo impeccabile, grazie anche all’aiuto della moglie Isabella Quarantotti, che ha tradotto in italiano il testo originale e ha contribuito alla resa di espressioni idiomatiche e giochi di parole.

L’INTERZIONALITA’ DI EDUARDO – Infine, bisogna ricordare che, così come le opere shakespeariane sono andate ben oltre i teatri londinesi, al punto da essere ancora oggi largamente rappresentate sui palcoscenici di tutto il mondo, anche quelle di Eduardo hanno oltrepassato i confini partenopei e sono state tradotte e messe in scena in numerosi paesi, riscuotendo un enorme successo a livello internazionale. Ciò è avvenuto grazie a un fattore molto importante: le commedie di De Filippo, attraverso la rappresentazione del popolo napoletano, mettono in scena la condizione universale di ogni essere umano, perché raccontano vicende di persone comuni colte nella loro quotidianità, nelle quali individui di qualsiasi società e di qualsiasi luogo possono riconoscersi. Nonostante il ruolo di spicco che Eduardo ha ricoperto nella storia della drammaturgia nazionale e internazionale del secolo scorso, oggi purtroppo in Italia non gli viene attribuita la giusta importanza. È un autore che continua a essere poco studiato, soprattutto nel meridione dove al contrario le sue commedie dovrebbero essere oggetto di studio approfondito, proprio per la capacità di fare della città di Napoli, emblema della realtà del sud Italia, metafora del mondo. Non sono solo i programmi scolastici a trascurarlo, anche i mass media, in particolare la televisione, hanno smesso di trasmettere i suoi lavori e di onorare la sua intensa attività teatrale e cinematografica. Ci auguriamo che in futuro qualcosa possa cambiare e che non si smetta mai di ricordare l’impatto culturale e artistico che Eduardo ha avuto – e continua ad avere – sul palcoscenico del mondo.

Scritto da Rossella Mormile


Classe 1993, è tra gli ultimi arrivati de l’Iniziativa. Vive da sempre a Bacoli. Appassionata di teatro, letteratura e serie tv, dopo aver studiato a Parigi per alcuni mesi si è da poco laureata in lingue alla Federico II ed è iscritta alla magistrale di Lingue e Comunicazione Interculturale in Area Euromediterranea all’Orientale