Campi flegrei, troppe limitazioni per visitare i siti del parco archeologico

“Il parco riapre al pubblico!”, recita l’annuncio del Parco archeologico dei Campi flegrei. Ma con aree interdette, a numero chiuso, limitazioni di tempo e prenotazione on line. Motivo ufficiale? “Garantire la sicurezza di lavoratori e visitatori”. Cioè? Sono stati verificati danni e cedimenti alle strutture? No. Si temono incidenti in caso di scosse? Non ha senso, perché gli eventi sismici possono verificarsi da anni e in qualsiasi momento. E cosa centrano con la sicurezza le chiusure al pubblico della sala “Rione Terra” al Museo presso il Castello e del “tempio di Mercurio” alle Terme di Baia? Niente. Preclusioni che si aggiungono a quella dei sotterranei dell’Anfiteatro Flavio di Pozzuoli, disposta già da tempo per lavori di restauro in corso. Annunciate come temporanee, ma che diventano “a tempo indeterminato”. Trasformare l’accesso alla cultura in una pratica burocratica, da consumare orologio alla mano, come se fossimo ai tempi del covid, è un grave passo indietro. L’impressione è che, ancora una volta, sia tutta una questione di protocollo. Che si sovrappone alle carenze gestionali e di risorse. E allora giù la maschera. E si spieghi anche che fine hanno fatto i due bandi di gara del luglio 2023, conclusi da mesi, che avrebbero dovuto allargare la fruizione al Macellum, allo Stadio di Antonino Pio, a Cento camerelle. E quali iniziative, pratiche o teoriche, ha messo in campo il Pafleg per la presa in consegna del percorso archeologico sotterraneo del Rione Terra, chiuso nove mesi fa per problemi amministrativi che hanno coinvolto Comune di Pozzuoli e Soprintendenza e non certo per rischi di incolumità. Per resistere alla fase bradisismica, i Campi Flegrei vogliono certezze. Hanno bisogno subito di fondi adeguati, per mettere in sicurezza case ed edifici. Ma anche di speranza e di una concreta prospettiva di rinascita economica, senza la quale la “resilienza” non è credibile e non è possibile. Mutilare il territorio nella sua offerta archeologica e culturale, rendendo difficile qualsiasi promozione e programmazione, significa chiudere, nei fatti, la strada del turismo. Se ne rendano conto le Istituzioni responsabili e anche le amministrazioni locali. E abbiano il coraggio di agire in modo diverso.

Scritto da Redazione