“Rassegnazione e indifferenza sono il brodo di coltura del crimine”, intervista a Carmen Del Core del “Coordinamento familiari vittime innocenti della criminalità”

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È per mantenere desta la memoria delle vittime innocenti della criminalità e per combattere l’illegalità nel nostro territorio che nasce il “Coordinamento campano dei familiari delle vittime innocenti della criminalità”. Per approfondire l’argomento, mi rivolgo a Carmen Del Core, membro attivo dell’associazione.

Carmen, cos’è il “Coordinamento campano dei familiari delle vittime innocenti della criminalità” e come nasce?

È un’associazione nata il 10 gennaio 2007 per riunire, sotto i comuni valori di legalità e giustizia, i familiari di tutti gli innocenti colpiti da ogni forma di violenza criminale (vittime di camorra, terrorismo, persone uccise nell’assolvimento del proprio dovere, vittime della criminalità cosiddetta “comune”). Il Coordinamento svolge un’intensa azione di memoria di tutte le vittime innocenti della criminalità, nessuna esclusa. È una vera e propria famiglia, accomunata dal dolore e dal desiderio di riscatto, dalla memoria e dall’impegno sociale.

Quali sono gli obiettivi che il coordinamento persegue?

L’obiettivo principale del Coordinamento è far sì che nessuna vittima sia dimenticata. Siamo infatti animati da una profonda convinzione: la dignità di una vittima innocente di criminalità non può dipendere dalla mano assassina o dal clamore mediatico suscitato dalla vicenda delittuosa. Tutte le vittime innocenti della criminalità, e sottolineo tutte, sono per noi uguali. Purtroppo non è così sul versante legislativo, visto che al momento lo Stato italiano non riconosce alcuna forma di tutela giuridica alle vittime della criminalità comune. Eppure, l’Europa prescrive la tutela delle vittime di tutti i reati intenzionali violenti dal lontano 2001. L’Italia risulta inadempiente, in quanto prevede interventi legislativi finalizzati al sostegno delle vittime della criminalità organizzata, del terrorismo e del dovere ma non delle vittime di criminalità comune. Noi vogliamo semplicemente giustizia. Per tutti i nostri cari, strappati alla vita dalla barbarie criminale.

Quali sono le iniziative promosse a livello nazionale e locale dal Coordinamento?

Per superare l’ingiusta e pericolosa contrapposizione di cui sopra, insieme alla Fondazione Polis della Regione Campania abbiamo presentato alle Camere del Parlamento una proposta di legge per l’equiparazione giuridica di tutte le vittime. Attendiamo risposte concrete e celeri. Non è tipico di uno Stato civile “dimenticare” le sue vittime, a prescindere dal fatto che siano state uccise da rinomati boss di camorra o da bulletti di turno che, pur non essendo affiliati ad alcun clan, si nutrono della stessa sottocultura criminale. Siamo inoltre parte attiva nei processi, essendoci costituiti parte civile numerose volte. Abbiamo promosso, sempre insieme alla Fondazione Polis, l’adozione di borse di studio in favore di chi non ha mai ricevuto benefici di legge, come i familiari delle vittime di criminalità comune, per l’appunto, e i fratelli e le sorelle delle vittime della criminalità organizzata riconosciute dal legislatore. Il tutto nell’ottica che chiunque viva un dramma cosi grande, come la perdita violenta di un proprio caro, non subisca discriminazioni di alcun tipo. E poi ci sono le tantissime iniziative di memoria che, come dicevo, riguardano tutte le vittime, e gli incontri con le scuole: i giovani sono il nostro futuro, a loro sentiamo il dovere di rivolgerci per far sì che sappiano scegliere la parte giusta, quella della legalità.

Quanto è importante la cultura della legalità per lo sviluppo della nostra terra?

Senza un’adeguata diffusione della cultura della legalità e della cittadinanza responsabile non c’è futuro né sviluppo per la nostra terra. Non possiamo delegare il contrasto al crimine esclusivamente alla Magistratura e alle Forze dell’Ordine, che svolgono un lavoro fondamentale, eccellente e costante, ma che resta di carattere prettamente repressivo. Per creare le condizioni di un adeguato sviluppo dei nostri territori occorre anche prevenire i fenomeni criminali. Per questo credo che una delle azioni più importanti svolte dal Coordinamento dei familiari delle vittime innocenti della criminalità sia quella di portare la propria testimonianza nelle scuole, tra i giovani, talvolta anche presso gli Istituti penitenziari minorili. Dobbiamo far capire ai nostri ragazzi che la legalità alla lunga vince. In quest’ottica sono stati fatti numerosi passi avanti ma non bisogna abbassare la guardia. È necessario che i giovani conoscano le storie delle nostre vittime e non dei boss, anche per questo con la Fondazione Polis e Libera abbiamo promosso la campagna di comunicazione #NONINVANO, 106 foto di vittime innocenti della criminalità affisse a Napoli sulla facciata di Palazzo Reale e sulle facciate di Palazzo Santa Lucia. Andate a vederle quelle foto: troverete tanti volti sorridenti che vogliono essere un monito alle Istituzioni e alla cittadinanza contro l’indifferenza e la rassegnazione.

C’è un messaggio che, attraverso quest’intervista, vorresti veicolare a quella maggioranza della popolazione rassegnata all’idea che non sia possibile contrastare l’illegalità nel nostro territorio?

La migliore risposta alla rassegnazione, lo dico senza presunzione, siamo noi familiari delle vittime innocenti della criminalità. Nonostante l’indescrivibile tragedia vissuta siamo ancora qui perché crediamo in un futuro diverso per il nostro territorio. Le nostre “armi” sono la testimonianza, la voglia di non mollare, il desiderio di trasformare il dolore in impegno, sono i volti e gli sguardi dei nostri cari che segnano il nostro cammino e danno senso alla nostra sopravvivenza. Se chi, come noi, è stato così duramente colpito continua a credere nel riscatto e a nutrire una speranza per l’avvenire, chi non ha subito lo stesso dramma dovrebbe sentire il dovere di starci vicino e combattere la nostra stessa battaglia. Mi torna alla mente una frase del filosofo esistenzialista Sartre, il quale affermava che non impegnarsi è ancora una forma di impegno, poiché se ne è responsabili. Occorre schierarsi. La rassegnazione e l’indifferenza sono il brodo di coltura in cui prolifera il crimine.

Scritto da Martina Brusco


Nata a Napoli nel 1996, residente a Pozzuoli. Studentessa di Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l’Università degli Studi di Napoli L’Orientale. Entra a far parte dell’associazione e testata giornalistica “L’Iniziativa – Voce Flegrea” nel 2014, con il desiderio di coniugare la passione per il giornalismo e la politica all'impegno sociale sul territorio.